venerdì 2 maggio 2008

timisoara anti italienii

Scritte e insulti, Timisoara «capitale» anti-italiana
Corriere della Sera 8 novembre di Marco ImarisioSui muri della Padova dell'Est: «Andatevene via». Gli imprenditori: non siamo più tranquilli
TIMISOARA — «Porco schifoso, usurpatore». Per una banale questione di parcheggio nella città vecchia, anche l'imprenditore virtuoso e acculturato finì nel calderone degli «italiani puttanieri». Succedeva qualche settimana fa, un banale alterco, una questione di precedenze.Ma Gianluca Testa ha preso quell'episodio come il segnale della mutazione in atto nei rapporti tra «noi» e «loro». «Io ho sempre ripetuto a tutti che il nostro più grande errore è stato l'atteggiamento del colonizzatore. Molti italiani sono venuti qui fregandosene di tutto, imponendo le proprie regole. Per tacere della vita notturna».Ai tempi non lontani della delocalizzazione selvaggia Timisoara venne definita l'ottava provincia del Veneto. Adesso che la festa è finita, gli imprenditori mordi e fuggi sono andati verso lidi ancora più sfortunati, in cerca di manodopera e strutture a costi sempre più bassi. E hanno lasciato in eredità una bella dose di rancori a covare sotto la cenere. «Yankee go home» è la scritta che fino a ieri campeggiava sul muro davanti ad una discoteca dove gli italiani in trasferta sono soliti divertirsi. Gli yankee siamo noi. Sui vetri di una filiale della Banca SanPaolo ad Arad, la città «gemella» di Timisoara, è apparso un «Farà italieni», via gli italiani, in vernice rossa.Il clima di intolleranza bilaterale seguito alla morte di Giovanna Reggiani in questo angolo d'Italia romeno può assumere la forma di una resa dei conti. Seduto ad una scrivania spoglia, il capo dell'Ufficio del lavoro Stefan Erdely se la ride. «Voi italiani avete molto da farvi perdonare da queste parti» dice, con tono ammiccante.Certi segnali di fumo che si intravedono all'orizzonte non sono buoni. Nell'edizione locale di ieri, il quotidiano Evenimentul Zilei, il primo giornale romeno, aveva a tutta pagina l'equivalente giornalistico di un ramoscello d'ulivo. Titolo: «Gli italiani di Timisoara sono con i romeni». Svolgimento: parole pacate e di buon senso da parte di Testa e Carlo Marcheggiano, presidente della Norad. Due delle figure imprenditoriali più rispettate da queste parti. A metà pomeriggio la sezione con i commenti all'articolo è stata chiusa, causa troppi insulti. «Romeni unitevi, cacciate gli italiani», «Ladri, bugiardi e perversi, non vi lasceremo più comandare», «Boicottate le loro aziende, rifiutatevi di lavorare per loro», per citare i pochi post che non cadevano nell'osceno.La festa della delocalizzazione magari è finita, ma Timisoara è tutt'altro che una landa desolata. La città resta ancora una piccola Padova, abitata da diecimila italiani, con 2.300 aziende presenti sul territorio, con un capitale sociale complessivo da 180 milioni di euro, che fanno del nostro Paese il primo investitore straniero nel distretto di Timis. Sono cambiate le attività, e anche gli intenti. «Adesso — racconta il trevigiano Aldo Roccon, titolare di un'azienda di autotrasporti — non si esporta più, ma si scommette sulla Romania, un Paese in crescita, dove c'è quel lavoro che da noi scarseggia». L'immobiliarista genovese Claudio Capitanio, un altro di quelli che qui sono riusciti a inventarsi imprenditori, fa un ragionamento diverso: «La colpa di quel che succede in Italia è anche di quelli pagavano poco e sfruttavano. Il lavoro c'era, ma perché un romeno sarebbe dovuto restare a casa, se in Italia guadagnava dieci volte di più?».Gianluca Testa, uno che c'è stato fin dall'inizio, in proprio, come amministratore delegato di Zoppas e Flextronics, adesso da consulente aziendale, non nasconde amarezza e preoccupazione. «Il nostro stato d'animo non è dei più tranquilli, e non da ieri. Molti italiani sono venuti e si sono comportati da stranieri, con l'arroganza dei dominatori. C'è il timore che la tragedia di Roma possa essere il pretesto per presentarci il conto. Anche se, ovviamente, i veri cattivi se ne sono andati da un pezzo».

italienii din romania

Prezenta italienilor in Romania este mult mai semificativa decat apare in multe din materialele specifice minoritatilor editate in ultimul timp. In majoritatea acestor documente se invoca cifra 3.331 de persoane. Este adevarat ca aceasta cifra statistica reprezinta numarul celor declarati la ultimul recensamant din 2002. In aparenta este o cifra justa. In realitate, insa putem vorbi fara rezerve, de o cifra mult mai mare. De ce? Este cunoscut, sau inca nu, ca italienii au avut o situatie aparte in istoria acestor locuri. Se stie acum, ca a recunoaste ca sunt italieni, pentru cetatenii romani cu aceasta origine a insemnat la un moment dat in istorie, mai ales dupa anii 1947, un act de curaj. Drept pentru care, multi au preferat sa ascunda ca au aceasta origine. Au ascuns acte, documente, si-au schimbat numele, sau obligati, si-au schimbat cetatenia pentru a avea aceleasi drepturi cu majoritatea. Unii au preferat sa se intoarca in Italia, lasand in urma rude, parinti, frati, copii si tot ce au agonisit o viata.Integrarea aproape totala, favorizata si de mult prea multa asemanare dintre cele doua natiuni a fost un factor important care a facut ca o comunitate cu un specific autentic sa se disipeze si sa traiasca intr-o armonie totala cu comunitatea majoritara.
Italienii cu originea comuna si, cea mai mare asemanare cu cea a localnicilor, si-au gasit locul peste tot in Romania traind in perfecta armonie cu localnicii. Prezenta lor specifica se simte si azi in Bucuresti, Brasov, Falticeni, Roman, Tulcea, Iasi, Campulung-Muscel, Ploiesti, Pitesti, Arad, Calafat, Sulina, Turnu Severin, Bacau, Neamt, Cluj, Bistrita, Suceava etc. Fiind oameni "splendizi, veseli, pusi pe glume, si, evident pe...cantat" cum ii caracterizeaza in cartea "Istorioare din viata etnicilor italieni in Romania" jurnalistul Modesto Gino Ferrarini, au putut trai tot atat de bine, fie in grupuri compacte sau individual, raspanditi pe tot arealul romanesc.